venerdì 5 novembre 2021

#Libri 'Rune', romance del 1903 di E. Werner tra fiordi norvegesi e leggende vichinghe

Rune

di E. Werner

Dati tecnici:
Titolo originale: Runen
Traduzione: non indicato
Casa Editrice: Salani
Collana: I Romanzi della Rosa n. 100
Pagine: 248
Anno: 1903 (in Italia dal 1904, la mia edizione è  del 1962)
Genere: romanzo di formazione, romance

Trama: Germania – fiordi norvegesi, fine Ottocento.
Bernhard Hohenfels, quindici anni, rimane orfano.
Sua madre lo ha abbandonato anni prima. Il padre, figlio ribelle di una nobile famiglia tedesca, si è suicidato dopo aver trasportato il figlio a vivere libero tra i fiordi norvegesi. Ormai solo, il giovane viene affidato alle cure del ferreo zio, che porta il suo stesso nome e che ha un posto importante nella politica del Secondo Reich.
Dopo dieci anni vissuti tra collegi e disciplina militare, Bernhard lascia la marina tedesca e torna nella casa del padre in Norvegia a Raansdal, dove chiede in sposa la sua antica amica d’infanzia Hildur, tagliando così ogni ponte con il passato, perché il matrimonio con una donna di umili natali lo priva dell’eredità dello zio.
Tutto sembra essere ormai alle spalle per il giovane ribelle e la sua Freia, imbarcazione con cui viaggia per i fiordi norvegesi. Ma il passato torna improvviso a bussare alla sua porta.
Il mondo di Bernhard inizia crollare al cospetto di un antico monolite in cui rune mai interpretate hanno il dono di indicare il destino ad ogni uomo e che sembrano far volgere lo sguardo di Berhard verso un’altra donna, l’appassionata cugina Sylvia Hohenfels…


La valle dove si trovano le misteriose rune

Commento: Rune è il diciassettesimo (e penultimo) libro scritto da E. Werner, autrice di cui ho già gustato San Michele, Buona fortuna e A caro prezzo. E’ un libro di cui ho avuto serie difficoltà a trovare informazioni sul web, non solo in italiano, ma anche in tedesco, come se non fosse letto e recensito da decenni (l’unico fatto che sono riuscita a recuperare è che prima di andare alle stampe nel 1903 era uscito a puntate nella rivista Die Gartenlaube, che aveva già ospitato tutti i romanzi della Werner). Può una scrittrice che sul finire dell’Ottocento era considerata la regina del romance tedesco sparire così dalla memoria? Possibile che la cultura del cancellare il passato come se non fosse mai esistito (non molto dissimile dal futuro immaginato da Ray Bradbury in Fahrenheit 451 che guarda caso si svolge nel 2022), possa far dimenticare così un romanzo? Evidentemente sì…


La prima (e unica?) edizione tedesca del 1903

Traduzione italiana ‘senza tempo’
Rune è arrivato in Italia nel 1904 (un anno dopo l’uscita in Germania) tramite la casa editrice Treves. La mia versione, invece, è del 1962, edita dalla Salani. La mia edizione non solo è più breve (248 pagine versus le 304 della versione italiana del 1904 e le 395 della versione tedesca del 1903) e quindi riassunta, ma ha un altro problema che ho sempre riscontrato nei libri pubblicati di questa autrice: la decontestualizzazione della storia. Per renderla forse più appetibile (ma era veramente così?) per il target di riferimento, non viene mai detto in che epoca si svolge la vicenda ed ogni richiamo alla storia tedesca è stato cancellato, creando serie difficoltà di comprensione in alcuni punti.
A questo si aggiunge una caratteristica propria della Werner, ossia quella di utilizzare sempre luoghi fittizi (per quanto si cerchi, non vi è memoria di nessuna Raansdal in Norvegia, né degli altri luoghi descritti, inclusa la pietra con le rune inserita in un sito chiamato unicamente Isdal, valle di ghiaccio).


La versione italiana del 1904

Uomini molto forti
Come mi era capitato di notare in A caro prezzo, nei libri della Werner sono delineati molto di più gli uomini che le donne. I primi, infatti, sono ricchi di sfaccettature e vivono di tormenti interni che li fanno agire con passione, crescere emotivamente e migliorare, traendo insegnamento dai propri errori. Per le seconde, viceversa, vi è una descrizione molto più superficiale, senza che si intuiscano realmente i loro sentimenti (che per quanto possano essere forti, sono comunque monocolori).
Oltre a Bernhard, rimangono molto impressi lo zio che porta lo stesso nome e il timoniere Harald Thorvik.
Rimane il rimpianto del personaggio di Hildur, lasciato molto in secondo piano, ma che avrebbe potuto dire molto di più (o forse è solo la versione ridotta ad averla relegata a comprimaria).

Dovere e disciplina, il credo della Werner
Anche in questo romanzo emerge la forte sensibilità della Werner nei confronti del dovere e la disciplina e la certezza che un uomo possa diventare veramente adulto solo se accetta quello che ‘deve’ fare e non scappando dalle proprie responsabilità. E una profonda ammirazione per la vita militare, rigida ma onorevole.


Elizabeth Werner amava la montagna, tanto da trasferirsi a Merano,
dove visse gli ultimi vent'anni della sua vita

#UnescoBook e location mozzafiato
Sebbene i luoghi in cui si svolge il romanzo, come detto, non sia riuscita a trovarli, è indubbio che si tratta di località di una bellezza mozzafiato: valli, case disseminate tra gli alberi, navi che attraversano la costa… il tutto culminante con la meraviglia dei fiordi norvegesi, fino all’arrivo a Capo Nord, in cui Bernhard e Sylvia si ritroveranno inaspettatamente.
La natura norvegese fa da sfondo quasi in ogni pagina di questo libro, facendo nascere la voglia di partire e vedere di persona queste meraviglie.
Per non dire che si tratta anche di un #UnescoBook. I personaggi, infatti, iniziano e finiscono il viaggio a Bergen, il cui centro storico è Patrimonio dell’Umanità dal 1979. Tra l’altro, essendo il libro del 1903, l’autrice descrive l’antico borgo come appariva prima che il terribile incendio del 1955 lo devastasse…

"Il postale era partito da Bergen per il Nord, carico di turisti (...). Un groviglio di isolotti rocciosi e coperti di sterpi affioravano sui flutti. Verso il nord, ma a una certa distanza, si stagliavano montagne alte e scure". (pag. 27)


Il porto di Bergen nell'Ottocento in un dipinto di Johan Christian Dahl

Complessivamente si tratta di un libro interessante, che meriterebbe di essere riscoperto e tradotto nella sua versione integrale, inserendo, possibilmente delle note (anche se sarebbe stato più bello, a mio avviso, se Bernhard avesse infine scelto Hildur, donna molto più forte e interessante di Sylvia).
Consigliato a chiunque sogni di andare in Norvegia.

Letto: 18 ottobre – 2 novembre 2021

Voto: 6 ½ al libro, 3 alla copertina (che non ha nulla a che fare con la storia), 0 a chi vuole cancellare questa cultura, facendo salire sull’altare della letteratura testi ‘cattivi’ e diseducativi.

Stelle mozzafiato: ***

Recensione in arrivo: Le viole del pensiero, racconto del 1887 di Louisa May Alcott contro i libri cattivi che ingannano e avvelenano la mente

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