venerdì 1 giugno 2018

#Libri - 'La Valle della Paura', j'accuse di Sir Arthur Conan Doyle contro la massoneria


La Valle della Paura
di Sir Arthur Conan Doyle

Dati tecnici:
Titolo originale: The Valley of Fear
Traduttrice: Maria Gallone
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Ominbus
Pagine: 179
Anno: 1915 (??? in Italia, la mia edizione è del 1973)
Genere: giallo deduttivo



Trama: Sherlock Holmes, nella sua dimora a Baker Street, riceve un messaggio cifrato da un uomo che si firma Porlock. Sebbene sia un nome fittizio Sherlock Holmes è sicuro che egli sia l’anello debole della catena dell’odiato Moriarty, criminale che si cela dietro ad una figura integerrima dell’alta società britannica.
Un successivo messaggio di Porlock informa che lo stesso non può inviare il metodo per decifrare il messaggio perché è controllato da Moriarty. Tuttavia Sherlock Holmes non si lascia fermare da questo inconveniente e riesce, con il suo intuito, a decifrare il messaggio, che mette in allarme perché un tal Douglas di House Birlstone è in pericolo.
Tuttavia Holmes e Watson arrivano in ritardo. Proprio mentre si apprestano a partire per indagare vengono raggiunti in casa dalla polizia che li informa di un caso estremamente curioso per cui chiedono l’intervento di Holmes in persona, ovvero la morte di un tal Douglas nella sua dimora non lontano da Londra…



Commento: Mi ero da anni domandata per quale motivo, per quando Sherlock Holmes fosse un investigatore amatissimo dal pubblico e ricercatissimo da produzioni televisive e cinematografiche, in realtà le suo opere fossero per lo più sconosciute nella loro trama. Ovvero, come esaltare il personaggio Sherlock Holmes senza raccontare i suoi romanzi più famosi. In un certo senso ha del surreale, se ci si riflette. E’ come se di Hercule Poirot avessero fatto decine di film o sceneggiati, ma non avessero raccontato le storie scritte da Agatha Christie, o come se di Jane Austen si cantasse la lirica, ma non si raccontasse il suo capolavoro Orgoglio e pregiudizio.
Ebbene, ho letto La valle della Paura ed ho capito. Il significato del libro non può essere frainteso. Esso è un forte, intenso j’accuse contro la Massoneria e questo non può essere reso troppo evidente dal mainstream dominante, quindi estrapoliamo l’eroe Sherlock Holmes dal suo contesto e facciamone qualcosa di altro.


Alcuni studiosi dichiarano che Sir Arthur Conan Doyle, essendo massone (fu iniziato alla massoneria al Lodge Phoenix n. 257 a Southsea, Hampshire, il 26 gennaio 1887 – una coincidenza che sia lo stesso anno in cui esce Lo studio in rosso, prima opera con Sherlock Holmes?), avesse scritto La valle della Paura per scimmiottare un’associazione che tentava di essere come la massoneria. Io non riesco a credere neppure per un secondo a questa ipotesi (voi sì?), e non solo perché lo stesso Conan Doyle lasciò la massoneria, dopo vari su e giù, nel 1911 (e di quando è La Valle della Paura? del 1915), ma perché le descrizioni sono molto vivide e non mal interpretabili.
Ora, non bisogna essere dei geni, per comprendere che La Valle della Paura sia una precisa bomba lanciata contro la massoneria, a partire dal protagonista, McMurdo, irlandese di origine cattolica (esattamente come Conan Doyle, anche se lui era scozzese).
Ma procediamo con l’analisi.

ATTENZIONE SPOILER SULLA TRAMA
La Loggia di Vermissa.
McMurdo si infiltra nella Loggia di Vermissa, nel cuore degli Stati Uniti, che da anni vessa con omicidi e pagamenti di pizzi chiunque non sia “un Fratello”. Egli si spaccia per un Fratello che arriva da Chicago e nell’arco di poco tempo, dopo un’iniziazione dolorosa, ottiene una fiducia crescente da parte del Gran Maestro della Loggia, che gli assegna degli incarichi sempre più elevati.
Tra le frasi più significative del romanzo in questo punto è quella che McMurdo pronuncia per difendere la Loggia: “Mia cara, il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge. Noi siamo povera gente che cerca con sistemi propri di ottenere il riconoscimento dei propri diritti”.
Ed ecco qua come la Massoneria sdogana il maligno.


Moriarty.
In questo romanzo compare, sebbene solo sullo sfondo della narrazione, Moriarty, l’uomo con cui Sherlock Holmes ha un conto in sospeso perché un celebre criminale scientifico, sebbene sia impossibile da incolpare perché “è talmente immune da ogni critica; sa così meravigliosamente destreggiarsi e nascondersi, che” se lo si definisse criminale a voce alta “potrebbe trascinarla, dottor Watson, in un tribunale ed uscirne con la pensione di un anno come risarcimento di danni morali”.
Leggendo il romanzo viene da chiedersi chi abbia ispirato questa figura a Sir Arthur Conan Doyle. Un uomo della sua finezza intellettuale non può non essersi ispirato a qualcuno in particolare in auge nella sua Gran Bretagna.
Anche perché lo colloca in un posto ben preciso.
Di fatto chi è Moriarty? E’ l’uomo a cui i pochi sopravvissuti della Loggia di Vermissa si rivolgono per venire a sapere dove si trovi McMurdo (che altri non è il povero Douglas dell’inizio della storia che viene trovato morto nella sua dimora).
Analizziamo la trama. Questi pochi uomini, orfani della loro Loggia, a chi si rivolgono? A Moriarty. E chi potrebbe essere Moriarty, quindi? Il Gran Maestro a capo di tutte le Logge (questo non è specificato nel libro. Sherlock Holmes lo definisce solo come un grande criminale, ma conoscendo anche poco le dinamiche dei Fratelli massoni non è poi così difficile fare il passo e capire che sarebbe altamente dissonante per un massone rivolgersi al di fuori delle Logge per risolvere un problema interno).
A chi si riferisce, quindi, Conan Doyle?
Non conosco le piramidi massoniche del 1915 e non so dove trovarle. Ma sarebbe alquanto interessante scoprirlo. Come indizio si ha che è un uomo particolarmente ricco, ma che non facile comprendere da dove arrivino le sue entrate…


Disillusione dalla massoneria.
Un altro dettaglio interessante è leggere come McMurdo finga di essere un personaggio che crede nei messaggi massoni di fratellanza e che sia impossibile trovarvi qui qualcosa di negativo (il che è da subito stridente con la trama perché la Loggia di Vermissa è palesemente malvagia, senza possibilità di errore – viene mostrato come picchi a morte un giornalista mentre tenta di scrivere la verità, si racconta come abbino bruciato case con dentro dei bambini…).
Nel leggerlo, ho subito pensato che doveva esserci qualcosa di autobiografico. Non sapevo che Sir Arthur Conan Doyle fosse stato massone. Ma è stato quel piccolo cenno a spingermi a fare delle ricerche. E devo dire di essere stata estremamente soddisfatta nel notare di come egli fosse entrato e poi se ne fosse andato. Perché se ne è andato? Cosa ha visto che non gli piaceva? Perché non lo ha rivelato?
A mio avviso lo ha fatto. In un modo immortale. Ha scritto La Valle della Paura.

Epilogo.
Al termine del romanzo si viene a sapere che Douglas, riuscito a sfuggire al primo killer, è morto durante una traversata al largo di Città del Capo.
Sherlock Holmes si dichiara convinto che ci sia lo zampino di Moriarty, “perché questo delitto è stato macchinato a Londra, non in America!”.
Ora, perché Moriarty, se fosse stato davvero solo un criminale pagato dai sopravvissuti della Loggia di Vermissa per scoprire dov’era McMurdo/Douglas avrebbe dovuto scomodare fino a Città del Capo un suo sicario per ucciderlo?
Non è forse molto più verosimile che anche Moriarty fosse un membro, anzi il Gran Maestro della Massoneria? Non credo che si possa rispondere negativamente a questa affermazione.
Inquietante quindi come Sherlock Holmes chiude il caso: “E’ come schiacciare una noce con il martello… uno spreco assurdo di energie… ma intanto la povera noce finisce con l’essere schiacciata!”.


Commiato.
La Valle della Paura si conclude con Sherlock Holmes che lancia un potente messaggio alla massoneria. “Non dico che non si possa batterlo (Moriarty, ndr). Ma bisogna che lei mi dia del tempo… molto tempo”.
Sono passati più di cent’anni.
Hanno tentato di imbavagliare lo stesso Sherlock Holmes, ma Sir Arthur Conan Doyle continua a parlare perché la penna è più potente della spada

Letto: 05-19 maggio 2018

Voto: 10 al libro; 10 a Sir Arthur Conan Doyle, 10 al coraggio di Sir Arthur Conan Doyle nell’aver scritto una tal opera.

Stelle mozzafiato: *****

Recensione in arrivo: Patricia Brent, zitella di Herbert G. Jenkins

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