La chiave in tasca
di Patricia Wentworth
Dati tecnici:
Titolo originale: The key
Traduttrice: Marilena Caselli
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Il classici del Giallo n. 1073
Pagine: 235
Anno: 1946 (in Italia dal 2005)
Genere: giallo classico
Trama: 1944. Bourne, Inghilterra.
In una notte di fine estate la tranquillità del villaggio di Bourne viene sconvolta. Michael Harsch, inventore ebreo tedesco scappato dalla Germania nazista e rifugiatosi in Inghilterra, ha appena terminato un’invenzione che è destinata a cambiare le sorti della guerra: un potente esplosivo che lui è pronto a donare al governo britannico. La sera prima dell’incontro con i rappresentati del governo, Michael, abile musicista, si distende suonando l’organo in chiesa.
Ma da lì non fa più ritorno.
Ore dopo viene trovato morto accasciato accanto all’organo. La chiesa era chiusa a chiave e Michael aveva la chiave in tasca.
Suicidio? E perché? Proprio ad un passo dalla realizzazione del suo sogno di porre fine al conflitto con la sua invenzione?
Il mite villaggio si anima presto della polizia federale e dell’investigatrice Miss Silver per scoprire cosa si cela dietro al mistero.
Tra amori segreti, documenti spariti, chiavi nascoste e brandy inattesi, si alzerà il velo su una cittadina di campagna che come sempre cela molto più di quello che sembra e su Janice Meade, segretaria di Michael, che non riuscirà ad imbavagliare il proprio cuore mentre le indagini la riportano accanto al suo vecchio amore, il maggiore Garth Albany…
Commento: La chiave in tasca è l’ottavo romanzo (su 32) che ha come protagonista Miss Silver, l’investigatrice privata che sferruzza e tossicchia mentre pone domande all’apparenza innocenti, mentre invece aiuta la polizia londinese (in special modo Frank Abbott, altro personaggio fisso) nelle indagini. Ne ho letti altri con Missi Silver protagonista e mi ha fatto piacere ritrovare qui richiami diretti a Lo scialle cinese del 1943 (letto lo scorso anno – clicca qui per leggere la recensione), la quinta indagine
Come sempre si tratta di romanzi in cui la parte romantica ha uno spazio ampio e approfondito (in questo caso la giovane Janice Meade e il maggiore Garth Albany arrivato sul posto per indagare per conto del Governo – Albany è stato scelto proprio perché conosce molto bene il villaggio dal momento che qui vi ha passato tutte le estate fino ai vent’anni… con la giovane Janice follemente innamorata di lui fin da quando giocavano da bambini).
Inno contro il nazismo:
Come in altri romanzi della Wentworth è molto forte una posizione contro il nazismo, enfatizzata dal fatto che mentre scriveva l’autrice era ancora in piena guerra e non si aveva idea di come e quando (e se) sarebbe finita.
Mi hanno colpito molto due passaggi in cui viene specificata la Germania dell’epoca.
L’incipit: “C’era un semaforo al centro di Marbury dove si incrociavano due strade principali. Michael Harsch arrivò fino al bordo del marciapiede e vide accendersi il giallo. Avendo vissuto la maggior parte della sua vita sotto le regole del governo tedesco, non tentò di attraversare prima che scattasse il rosso…) (pag. 7).
E poi: “Cosa c’è alla base di questa e di tutte le guerre che sono state combattute? Disprezzo per la legge, proprio come succede per tutti gli altri crimini. Qualcuno vuole qualcosa e così va a prendersela. Se altri cercano di opporsi, vengono aggrediti…” (pag. 93)
Mi ha fatto impressione perché da una parte delinea il governo nazista come un fanatico delle regole, che dovevano essere seguite così pedissequamente da imporre alla mente uno schema talmente formattato, da non prendere in considerazione alternative (tipo… è appena diventato giallo, posso velocizzare il passo ed attraverso senza problemi) e contemporaneamente un disprezzo forte per la legge (o per la filosofia del diritto) ed agire come meglio si vuole, aggredendo chiunque non sia d’accordo.
Bisognerebbe riflettere molto su questa analisi e rapportarla anche ai giorni nostri…
Gli sfollati:
Altro dettaglio interessante è vedere come si vivesse in Gran Bretagna durante la guerra, con particolare attenzione agli sfollati, in special modo giovani che sono stati allontanati dalle città, luoghi pericolosi per i bombardamenti. Qui nel testo si danno per scontati, come se chiunque avesse il codice per capire chi sono e perché esistono. Personalmente mi ha richiamato alla mente l’inizio de Le cronache di Narnia e i bambini di Pomi d’ottone e manici di scopa.
NB Nel romanzo uno sfollato, un po’ impertinente e molto vivace, sarà la ‘chiave’ per risolvere il mistero…
Balaam e l’asina:
Nel testo vi è anche un riferimento ad un evento biblico che non conoscevo e che mi ha colpito non per il fatto in sé e per sé, ma per il fatto che si citasse così la Bibbia in un romanzo, come se fosse normale. Oggigiorno la Bibbia è un libro dimenticato dalla letteratura. Di più, se si osasse citarla si verrebbe etichettati come bigotti, conservatori, puritani, baciapile… Ed invece quanto ha da insegnarci questo libro.
Nella fattispecie l’evento in questione è quello legato a Balaam e l’asina, citato nel libro dei Numeri, in cui l’asinella aveva il potere di vedere gli angeli e di parlare, dicendo le lodi di Dio.
Complessivamente si tratta di un giallo classico screziato d’amore, con personaggi ben costruiti e un retrogusto forte, con tanti dettagli legati al tempo in cui fu scritto. Consigliato a tutti coloro che amano una detective story d’altri tempi.
Personalmente sarò per sempre legata a questo libro perché ho avuto la gioia di leggerlo sotto al gruppo dolomitico Puez-Odle (Patrimonio Unesco), dopo le fatiche di lunghe passeggiate con le pagine illuminate dal sole….
Letto: 18 agosto – 1° settembre 2020
Voto: 7 ½ al romanzo, 8 a Patricia Wentworth, 5 alla copertina (a mio avviso ha poco appeal), 0 alle case editrici attuali che non ripropongono questa autrice interessantissima.
Stelle mozzafiato: *** ½
Recensione in arrivo: Il fantasma del tempo di Linda Buckley-Archer
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