giovedì 24 febbraio 2022

#Skye Scoperto in Scozia il più grande Pterosauro del periodo Giurassico, tra rocce scure, spaventose maree, scelte coraggiose, donne all'avanguardia e un pizzico di Jane Austen

*Questo articolo è da considerarsi come un approfondimento del mio saggio ‘Storie e leggende di Scozia – Isle of Skye’ (2015)

L’isola di Skye nelle Ebridi Interne in Scozia è una zona ricca, ricchissima di fossili del periodo Giurassico Medio (175-161 milioni di anni fa circa). Solo negli ultimi vent’anni sono state trovate impronte di Megalosauro, impronte di Sauropodi, i resti di un dinosauro a cui è stato dato il nome di Dearcmhara shawcrossi (una sorta di via di mezzo tra un coccodrillo e un delfino) e i fossili della nuova specie Borealestes (un mammaliaforme simile ad un topo).
Non è un caso quindi che le ricerche in questa zona da parte degli studiosi siano sempre più frequenti.
E non è un caso che infine si arrivi a scoperte fenomenali, atte a riscrivere la storia di questo periodo.

Accade quindi che aprire National Geographic ed imbattersi nella notizia dell’ufficializzazione di una nuova straordinaria scoperta che viene dalla zona settentrionale di Skye (non è stato specificato oltre, probabilmente per non stimolare l’arrivo degli sciacalli - noi lo abbiamo riconosciuto ma non lo sveliamo) ha destato in chi scrive grandissimo interesse ma non sorpresa.

La scoperta: Lo pterosauro più grande dell’intero Periodo Giurassico
Il 22 febbraio 2022 è stata ufficializzata sulla rivista Current Biology la scoperta (avvenuta in realtà nel 2017) di uno straordinario pterosauro, il più grande fossile del suo genere, risalente a circa 167 milioni di anni fa (in pieno Giurassico Medio, quindi).
Si stima che questo pterosauro fosse grande quanto un albatro e che fosse contemporaneo dei dinosauri sopracitati.
All’epoca la zona era molto diversa rispetto a come la conosciamo adesso e si presentava come una laguna lacustre (seguirono eruzioni vulcaniche, glaciazioni e l’impatto con una cometa 60 milioni di anni fa circa – clicca qui per approfondire quest’ultima e leggere la nostra intervista in esclusiva a Simon Drake).
Si tratta di un fossile assolutamente straordinario sia per il periodo di riferimento che per la completezza, rendendolo il migliore del suo genere trovato in due secoli.
Chiamato Dearc sgiathanach (pronunciato jark ski-an-ach), lo pterosauro di Skye è straordinariamente ben conservato, con porzioni del cranio, ossa degli arti, coda, costole e vertebre ancora intatte. Si tratta quindi di un fossile di primissima qualità, destinato a riscrivere la storia di questa specie: non molti siti al mondo, infatti, conservano bene gli pterosauri e meno ancora li preservano di questo periodo.
“Di solito quando arriviamo a descrivere i fossili… è un frammento di femore, un po' un becco”, afferma su National Geographic la paleontologa Natalia Jagielska, dell’Università di Edimburgo e autrice principale dello studio. “Dearc, invece, è estremamente ben conservato, una specie di anomalia”.
Il team di Jagielska sostiene infatti che Dearc sia il più grande pterosauro ben conservato mai trovato dell’intero periodo giurassico (205-145 milioni di anni fa).


I disegni sono di Natalia Jagielska

Dearc – ‘Piccolo’ ma grande
Gli Pterosauri meglio conservati finora noti a noi, come Quetzalcoatlus, risalgono al Periodo Cretaceo (145-66 milioni di anni fa) e raggiungevano gigantesche aperture alari di 33  piedi  o più (l’apertura alare è stabilita dall’ampiezza combinata delle due ali membranose, ciascuna tenuta tesa da un quarto dito incredibilmente lungo).
Per il periodo Giurassico medio si hanno molti meno fossili e prima di Dearc gli scienziati avevano trovato poche prove concrete che gli pterosauri del periodo raggiungessero un’apertura alare maggiore di sei piedi (1,8 metri). Ora, gli scopritori di Dearc  stimano che la sua apertura alare fosse di almeno 6,2 piedi (1,9 metri) e forse più di 8,2 piedi (2,5 metri).
Per imbattersi in un fossile di pterosauro così importante in Gran Bretagna bisogna tornare indietro di quasi duecento anni, a quando la collezionista di fossili Mary Anning trovò lo pterosauro Dimorphodon  nel 1828.


Dearc

Lyme, Unesco, Mary Anning e Jane Austen
Leggo Mary Anning e mi dico: io questo nome lo conosco. Anzi, lo conosco bene.
Spulcio nei ricordi e torno al saggio Jane Austen. I luoghi e gli amici di Constance Hill, in cui, a pagg. 140-141 si parla dell’arrivo dell’autrice a Lyme che si emoziona nel ripercorrere le strade dove era passata non solo Jane Austen (e dove la scrittrice fa camminare i protagonisti di Persuasione) ma anche la straordinaria ricercatrice Mary Anning, personaggio che in seguito ispirò anche Stephanie Barron nel suo Jane e il mistero del Reverendo.
Lyme, inserita nella proprietà naturale Dorset and East Devon Coast del Patrimonio dell’Umanità nel 2001, è zona ricca di fossili ed era amatissima da Miss Austen e non è detto che la scrittrice non abbia conosciuto (e magari ispirato con il suo carattere forte) la giovane Mary (in una lettera a Cassandra Jane scrive di aver conosciuto il padre, Richard Anning).
Di sicuro Mary divenne una studiosa molto all’avanguardia e le sue scoperte fecero fare passi da gigante all’approfondimento dello studio degli animali preistorici tanto che la Jagielska si riempie d’orgoglio ad essere accostata a questa figura. “La Anning è considerata un simbolo non solo femminile ma anche della classe operaia”, afferma la studiosa. “E sento delle affinità con lei”


Mary Anning

Come è avvenuta la scoperta? Ancora una volta bisogna dire grazie a una donna!
Torniamo ai giorni nostri.
O meglio, torniamo al maggio 2017.
Il paleontologo Steve Brusatte dell'Università di Edimburgo e autore senior dello studio, esplorava da anni l’isola di Skye alla ricerca di fossili (è stato sempre lui a trovare le impronte di Sauropodi) e nel maggio 2017 guidava una spedizione finanziata dalla National Geographic Society.
La mattina del 23 maggio, la ricercatrice Amelia Penny stava ispezionando un sito sulla costa settentrionale di Skye quando ha notato un oggetto scuro fuoriuscire dalla roccia. Se Penny fosse stata lì settimane prima, non l’avrebbe visto: negli ultimi tempi, infatti, potenti raffiche avevano agitato le acque della costa abbastanza da spostare i massi che avevano ricoperto la lastra del fossile.
Durante il pranzo, Penny ha mostrato a Brusatte un’immagine di ciò che aveva visto, che Brusatte ha riconosciuto come la mascella parziale di uno pterosauro. Anche dai frammenti che spuntavano dalla roccia, il team ha potuto dire che questo pterosauro era grande e, a quanto pareva, estremamente ben conservato (NB è difficile che uno pterosauro si conservi bene in quanto le loro ossa leggere e piene di sacche d’aria e quindi destinate a frantumarsi molto più velocemente delle ossa normali).


Amelia Penny mostra la sua scoperta.

Corsa contro il tempo. Si alza la marea. 
Da quel momento in poi, la squadra di Brusatte si è affrettata a salvare il fossile che si trovava su un tratto di costa esposto alla marea (a Skye la marea si alza moltissimo).
Il giorno successivo Brusatte convocò Dugald Ross, figura di riferimento a Skye per tutto ciò che concerne i fossili (è il fondatore e direttore dello Staffin Museum che ripercorre la storia preistorica di Skye) e già stretto collaboratore di Brusette nelle scoperte precedenti, per tagliare la lastra fossile dalla roccia con una sega a punta di diamante. Non appena Ross si è messo al lavoro, il team si è reso conto che il fossile non era solo una mascella, o anche solo un teschio. Era la maggior parte dello scheletro dell’animale.
Improvvisamente, la squadra ha dovuto ritagliare enormi lastre di roccia poiché le maree in aumento minacciavano di inghiottire il sito.
Alle 16:00, con l’acqua che lambiva la lastra fossile ancora incastonata nella roccia, il team si è reso conto di non essere in grado di togliere il resto del fossile prima dell’innalzamento totale della marea (la marea sarebbe ridiscesa intorno a mezzanotte).
Per dare alle fragili ossa le migliori possibilità di sopravvivere all’innalzamento delle acque, i ricercatori hanno coperto il fossile di consolidante, incrociato le dita e sperando che resistesse all’acqua. La tattica ha funzionato e la squadra alla fine ha portato via la lastra da 400 libbre su una carriola la sera successiva.
“Direi che è, di gran lunga, la cosa più importante che abbiamo mai trovato in uno dei miei viaggi, ed è sicuramente la più stressante da collezionare”, racconta Brusatte. “Non sono mai stato così euforico ma anche più terrorizzato, perché c’erano così tanti passaggi in cui qualcosa poteva andare storto e rovinare tutto”.



Momento in cui Dugie e Steve si rendono conto che non è solo una testa,
ma l'intero scheletro.


Dugie a lavoro.


Steve Brusette protegge il fossile prima dell'arrivo della marea.


Il team di ricerca torna a mezzanotte


L'impresa è riuscita!


La lastra viene messa al sicuro.


La lastra trasportata lontana dal luogo.
(credits di tutte le foto: account Twitter di Steve Brusatte)

Dearc arriva a Edimburgo.
Dearc è stato quindi trasportato al National Museums Scotland di Edimburgo, dove il preparatore Nigel Larkin lo ha accuratamente pulito dalla roccia in eccesso e dal consolidante. È lì che la Jagielska ha avuto modo di lavorare.
Per più di due anni, la geologa ha misurato attentamente le ossa dello pterosauro e le ha confrontate con quelle di noti pterosauri.
Per capire l’apertura alare dello pterosauro, Jagielska ha misurato le ossa delle ali di specie affini più note e ha elaborato la relazione tra la lunghezza di quelle singole ossa e l’apertura alare complessiva degli animali. Ha quindi utilizzato questa relazione per prevedere l’apertura alare di Dearc tra 2,2 e 3,8 metri, che, come detto, si sovrappone all’apertura alare degli albatri moderni.
Jagielska e il team di Brusatte hanno anche scansionato il fossile, che ha rivelato un modello approssimativo della sua forma cerebrale, inclusi i lobi ottici, le regioni associate alla vista, e la struttura dell’orecchio interno. Il membro del team Greg Funston, un ricercatore post-dottorato presso l'Università di Edimburgo, ha tagliato una delle ossa dello pterosauro per osservarne la struttura interna, rivelando che questo esemplare di Dearc era ancora giovane.
Jagielska e Brusatte affermano che le dimensioni di Dearc  aiuteranno i ricercatori a dare un senso migliore alla documentazione fossile globale negli pterosauri, poiché fornisce un riferimento per interpretare le ossa meno complete trovate nel Regno Unito e altrove.


Il magnifico team che ha scoperto Dearc:
Steve Brusatte, Dugald Ross, Amelia Penny e Natalia Jagielska
(credit photo: Calum Bennett del National Museums Scotland)

Le ricerche continuano…
Skye è terra ricchissima di tesori giurassici e molti team sono in cerca di nuovi, importanti reperti. E nuove scoperte importanti sono all’orizzonte. In un rapporto preliminare che non ha ancora superato la revisione, un team separato di scienziati ha annunciato il 16 febbraio scorso di aver trovato un altro pterosauro sull’isola, appartenente ad un’altra sottospecie…
#staytuned

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