Marina e i segugi
di Amy Coopmans de Yoldi (aka Emma Claudia Pavesi)
Dati tecnici:
Casa Editrice: Baldini & Castoldi
Collana: La Melagrana n. 1
Pagine: 218
Anno: 1953
Genere: narrativa per giovani adulti
Trama: Milano, primi Anni Cinquanta.
Marina, 13 anni, arriva a Milano dal suo paesino della campagna lombarda per andare ospite dalla zia Nina, che ha un negozietto di frutta e verdura. La giovane ha deciso di andare nella grande città per difendere la sorella maggiore, Renata, cacciata dalla famiglia Conti presso cui prestava servizio come cameriera con l’accusa di furto (di un prezioso anello della padrona di casa).
Certa che la sorella sia innocente e consapevole che con un’accusa tale che pende sulla testa ella non potrà mai trovare un nuovo lavoro (per il momento Renata è tornata a casa avvilita e piena di vergogna, lasciata anche dal fidanzato), Marina decide che dovrà indagare e scoprire chi è il vero colpevole.
Ma come fare?
Commento: Marina e i segugi è il primo volume dell’amatissima collana La Melagrana (serie per giovinette degli Anni Cinquanta e Sessanta che riproduceva libri italiani, tedeschi e americani di cui ho già recensito, tra gli altri, Starli e i frutti d’oro, Il grande dono o Vacanze nella foresta). Il romanzo è scritto da Amy Coopmans de Yoldi, pseudonimo di Emma Claudia Pavesi, direttrice della collana (che scrisse anche sotto un altro pseudonimo, Koky de Gralba).
Oltre ad essere un libro delizioso, il romanzo ha il dono di raccontare con gli occhi del testimone un’Italia che non esiste più, una Milano degli Anni Cinquanta così lontana da quella di oggi da sembrare un’altra città.
La Milano Anni Cinquanta:
I punti che rimangono più impressi durante la lettura sono la dignità della povertà (nel romanzo ci sono personaggi effettivamente poveri, a partire da Marina, ma non per questo derisi o guardati con un sopracciglio alzato come accade oggigiorno, ma visti con immenso rispetto per il lavoro che fanno e con la purezza dell’amicizia) e la differenziazione tra uomo e donna (i ragazzi e le ragazze indagano in maniera diversa, con i ragazzi convinti di essere più bravi, ma poi con le ragazze che spesso danno le dritte migliori. La bellezza è che le donne fanno le donne ed usano arti femminili e non pretendono di fare gli uomini. Eccelso).
Infine è bellissimo vedere Milano attraverso la macchina del tempo. In particolar modo il Naviglio (eh sì, all’epoca si chiamava ancora il Naviglio e non i Navigli), dove i protagonisti vanno a fare il bagno per una domenica rilassante e divertente (e potete immaginare quante sovrapposizioni sono nate nella mia mente pensando ai giovani d’oggi e ai Navigli proibiti dal Covid…, beati loro che potevano andare a divertirsi un po’ senza per questo sentirsi in colpa).
Niente alibi, qui si lotta per la verità:
Leggendo il romanzo mi sono chiesta… ma una storia del genere come sarebbe presa dalla mentalità dilagante nel nostro presente?
Mi spiego.
Quello che oggi si vuole inculcare nella testa delle persone è: hai perso? Non è andato bene un concorso? Ti hanno rubato una partita? Non ti lamentare. Non cercare alibi. La colpa di tale sconfitta è tua, che non sei riuscito, nonostante gli eventuali intrighi, a ‘vincere’ lo stesso.
E’ una mentalità dirompente nello sport, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Io mi sono sempre dichiarata contraria.
Se qualcuno imbroglia la colpa è sua e non tua che lo metti in evidenza. Anzi è tuo dovere cercare di far venire alla luce la verità.
Chi si adagia su frasi come ‘Non cercare alibi’, sta soltanto ‘coprendo’ o ‘assecondando’ la mentalità di chi fa del male, del potente di turno.
La bellezza di questo romanzo è come tutti invece si stringono attorno a Marina, tutti credono alle sue parole e all’innocenza di Renata, tutti lottano affinché venga fatta giustizia.
E’ bello tornare a leggere questo ritorno all’amore per la verità.
Un pizzico del cinema dell’epoca:
Nel film vengono citati due film dell’epoca.
Il secondo è Il grande Caruso (1951) di Richard Thorpe, con Mario Lanza e Ann Blyth. Lo va a vedere Roberto, il cugino di Marina, perché appassionato di musica lirica.
Del primo non viene detto il nome, ma solo la trama: “Il film narrava la storia di un cavallo e di due ragazzi che lo adoravano. Attraverso mille vicissitudini, il cavallo, montato dalla ragazzina perché al ragazzo non era possibile, riusciva a conquistare il gran premio, morendo, però, appena superato il traguardo e sbalzando di sella la povera ‘fantina’” (pagg. 83-84).
Da quello che interpreto questo dovrebbe essere Gran Premio (1944) con Mickey Rooney ed Elizabeth Taylor. Solo che nel film Velvet, la ragazzina, viene sì disarcionata dal cavallo, ma il cavallo non muore.
Un film in cui il cavallo muore tagliando il traguardo è La gioia della vita (1950) di Frank Capra, con Bing Crosby e Coleen Grey, ma qui non ci sono i ragazzini…
Complessivamente si tratta di un romanzo adorabile, che si legge in un soffio e che miscela avventura e vita quotidiana con un pizzico di romanticismo.
Letto: 26 ottobre – 10 novembre 2020
Voto: 7 al libro, 9 alla collana La Melagrana, 9 ai valori che porta avanti.
Stelle mozzafiato: *** ½
Recensione in arrivo: Shadow’s Heart di Claire Dew Heath (lo so, continuo ad anticiparla, ma poi la faccio sempre slittare! Abbiate fede <3)
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