lunedì 25 ottobre 2021

#Libri 'Breve ritorno' (1939) giallo tradizionale di Mignon G. Eberhart

Breve ritorno

di Mignon G. Eberhart


Dati tecnici:
Titolo originale: Brief return
Traduzione: non indicato
Casa Editrice: Mondadori
Collana: I Classici del giallo n. 21
Pagine: 248
Anno: 1939 (in Italia dal 1946, la mia edizione è  del 1967)
Genere: giallo tradizionale

Trama: Stati Uniti, Anni Trenta.
Dopo un anno in cui tutti lo avevano creduto morto in un incidente aereo, torna nella tenuta di Tenacre il proprietario Basil Hoult.
Questa ricomparsa improvvisa crea paura e dolore in tutti, dalla moglie Alice, che si è risposata ed aspetta da poco un bambino, alla cugina Mary, che aveva ereditato la tenuta, dalla cognata Jane, che farebbe di tutto per proteggere la sorella Alice, fino all’anziano Joseph, che lavora come cameriere nella tenuta e che è stato già stato minacciato di essere cacciato.
Non è forse un caso, quindi, che Basil venga ucciso la sera stessa del suo ritorno. E non è forse un caso che Mary e Jane, trovato il corpo, si adoperino per nasconderlo (in fondo, se era già morto e nessuno sa del suo ritorno…).
Ma tutto viene fermato da Tom Tucker, medico legale della contea innamorato di Jane, che denuncia l’omicidio.
Chi è il colpevole? Chi sapeva del ritorno di Basil? A chi appartiene la pistola che ha sparato? E soprattutto che fine ha fatto Alice, scomparsa la sera stessa del delitto?
Tra indizi e contraddizioni, infine…

Commento: Breve ritorno è il 16mo romanzo (su 59) scritto da Mignon G. Eberhart, giallista americana uscita nel 1929 con La stanza n. 18. Sebbene sia uno dei libri più editati in Italia (la Mondadori lo ha proposto per ben 3 volte, la prima nel 1946, poi nel 1967 ed infine nel 2004), risulta, a mio avviso, uno dei romanzi meno riusciti della scrittrice di Lincoln, Nebraska (ed infatti, a quanto mi sembra di capire, negli Usa non è più riuscito dopo il 1939).

Chi è Mignon G. Eberhart
Mignon G. Eberhart (1899-1996) è celebre per la costruzione di gialli tradizionali, con l’inserimento di venature romantiche (alcune storie d’amore sono decisamente intense).
Nel 1931 vinse con L’elefante di giada lo Scotland Yard Prize (premio di 5.000 dollari per la migliore opera gialla scritta nell’anno all’interno della collana The Crime Club della casa editrice newyorkese Doubleday, Doran Co.). Nel 1971 le fu conferito il premio Grand Master dei Mystery Writers of America e nel 1995 ricevette il Premio Agatha alla carriera, omaggio al lavoro di una vita verso un autore del genere mystery.

Lo stile
Conosco Mignon G. Eberhart da moltissimi anni, avendo iniziato a leggere le sue storie quando ero adolescente. Tra tutti ricordo i meravigliosi La casa dell’altra, La scarpina di vetro e Tempesta a Rancho Rio. L'ultimo che avevo letto prima di Breve ritorno, era stato Delitto a Honotassa, che mi è piaciuto moltissimo.
Quello che posso dire di questo libro rispetto ai precedenti letti è la mancanza di una forte caratterizzazione dei personaggi (sia fisica che emotiva) e una totale assenza di empatia per la storia d’amore proposta.
Lo spunto della storia era interessante, ma lo sviluppo molto meno. Sarebbe stato bello legare gli eventi anche con l’incidente aereo nel quale era ‘morto’ Basil, ed invece viene del tutto tralasciato e dimenticato senza dare spiegazioni.

I sotterfugi:
Quello che mi è piaciuto di più del libro è il messaggio che passa attraverso una frase pronunciata da Tom Tucker a pag. 63: “I sotterfugi e le manovre subdole in una situazione come questa… in una situazione tanto grave e complessa… sono sempre un errore”.
Una piccola goccia in un oceano che esalta i furbetti e i manigoldi.


Tom e Jane in un'illustrazione di 'The Australian Women's Weekly' nel 1941

Complessivamente si tratta di un giallo tradizionale, troppo concentrato a disseminare indizi invisibili e meno a curare la costruzione dei personaggi.

Letto: 1°-17 ottobre 2021

Voto: 6 al libro, 2 alla copertina (completamente fuori contesto… sì, c’è l’incidente aereo ma, come detto, quello è solo un presupposto estraneo alla trama), 4 alla traduzione (che dissemina errori inaccettabili come ‘prendere una doccia’ o gli in luogo di loro. In un libro tradotto come minimo nel 1967 – reputo difficile che si tratti della stessa traduzione del 1946 – non è immaginabile proporre errori del genere).

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