giovedì 18 dicembre 2025

#LibriClassici 'La figlia del capitano' (1836), il testamento letterario di Aleksandr Puškin tra onore, amore, verità e timor di Dio.

La figlia del capitano 
di Aleksandr Puškin


Dati tecnici:
Titolo originale: Kapitanskaja dočka
Traduzione: Bruno Osimo
Casa Editrice: Arnoldo Mondadori Editore
Collana: Gli Indimenticabili di Famiglia Cristiana n. 8
Pagine: 143
Anno: del 1836 (in Italia dal 1876 – la mia edizione è del 1999)
Genere: romance contemporaneo 


Trama: 1773-1774. Nei dintorni di Orenburg, Russia.
Il giovane Pëtr Andréevič Grinëv, unico figlio sopravvissuto di un nobile ufficiale a riposo, è dalla nascita destinato alla carriera militare come sergente nella Guardia imperiale.
Compiuti sedici anni, viene inviato a presidiare Belogórskaja, una fortezza nella steppa distante poco più di quaranta verste da Orenburg, nel sud della Russia zarista.
La zona è in fermento. Numerosi ribelli guidati da Emel'jan Pugačëv iniziano ad assemblarsi e a creare trambusto.
La fortezza appare sicura, tanto che Pëtr Andréevič Grinëv ha il tempo di sfidare a duello un commilitone, di passare intere serate nell’abitazione del comandante e di innamorarsi della di lui figlia Mar’ja Ivanovna, tanto da volerla chiedere in moglie.
Ma la storia bussa alla porta. Pugačëv e i suoi uomini irrompono nella fortezza. Uccidono il capitano, la moglie e tutti coloro che non prestano giuramento al nuovo sovrano.
Mar’ja Ivanovna si nasconde presso la casa del parroco, facendosi passare per la nipote, Pëtr Andréevič Grinëv viene graziato per una gentilezza che aveva fatto tempo prima allo stesso Pugačëv quando lo aveva ritenuto solo un misero vagabondo.
Ma la tensione è alta. La ribellione dilaga. La fame debilita i soldati sopravvissuti. Tutto sembra perduto. Ma…


Commento: Lessi La figlia del capitano tanto tempo fa, quando ero alle medie, preso dalla biblioteca scolastica (come accadde per Kati). Il libro mi piacque moltissimo e molti anni dopo mio fratello me lo regalò, memore del mio entusiasmo di allora.
Rileggerlo oggi è stato estremamente coinvolgente. Allora, infatti, avevo goduto della storia e dell’avventuroso evolversi della trama. Oggi ho potuto apprezzare la capacità di narrare un evento storico realmente accaduto, specchio della Russia zarista.


Il testamento letterario di Puskin – Onore 
La figlia del capitano è l’ultimo romanzo scritto da Puskin. Sebbene la morte sia avvenuta inaspettata (in seguito ad un duello per difendere l’onore della moglie), lo si può considerare senz’altro una sorta di testamento letterario, perché arrivato al capolinea di una vita, seppur breve, estremamente tormentata e complessa, ricca di sfumature politiche ed esistenziali.
Il primo messaggio che mi piace estrapolare dal romanzo è quello che il padre lascia al giovane Pëtr Andréevič Grinëv, al momento dell’addio prima di partire per il suo destino da ufficiale.
“Servi fedelmente colui a cui presterai giuramento, obbedisci ai superiori, non andare in cerca dei loro favori, non metterti in mostra nel servizio, non sottrarti al dovere, e ricorda il proverbio: abbi cura del vestito da che è nuovo e dell’onore fin da giovane”. (pag. 8)
Parole splendide che il giovane Pëtr Andréevič Grinëv cercherà di fare sue. Forse furono proprio queste esortazioni a spingerlo a donare la sua pelliccia al ‘vagabondo’, gesto nobile e fatto senza essere alla ricerca di alcun tornaconto e che, invece, gli cambierà la vita perché quel vagabondo altri non era che Pugačëv, il quale non scorderà il trattamento ricevuto.

Il testamento letterario di Puskin – Verità e gentilezza
In molti hanno descritto Grinëv come un personaggio ingenuo. Io lo definirei gentile e puro. Ed è questo un altro messaggio che sembra volerci lasciare Puskin con il suo ultimo romanzo.
A vincere la battaglia della vita è colui che si batte con onore, ma anche con schiettezza e gentilezza. 
Il protagonista non cerca mai di circuire Pugačëv, si presenta al suo cospetto sempre con parole di verità e onestà. E questo, in un mondo di consiglieri infidi e alleati ambigui, piace talmente a Pugačëv, che riconosce nella sua controparte un individuo su cui fare affidamento, anche se avversario.
Bellissimo insegnamento.


Il testamento letterario di Puskin – La ricerca di una società più giusta
A pag. 57 si legge (si parlava della tortura per far parlare i prigionieri):
“Quando penso che questo è successo dopo la mia nascita e che ora invece vivo nel regno mite dell’imperatore Alessandro, non posso non stupirmi del rapido avanzamento dell’istruzione e della diffusione dei principi umanitari. Giovanotto, se questi miei scritti dovessero cadere nelle tue mani, ricorda che i cambiamenti migliori e più solidi sono quelli che provengono dal miglioramento dei costumi, senza nessun sconvolgimento violento”.
Da questo brano si evince la ricerca da parte dell’autore di una società più giusta e umana (come Puskin ha sempre ricercato), ma che essa la si può raggiungere solo tramite un cambiamento delle nuove generazioni (quindi abbandonando velleità reazionaria), attraverso i costumi e la cultura. Il libro stesso diventa fonte di cambiamento e messaggio educativo.

Il testamento letterario di Puskin – La rivisitazione di Pugačëv
Questo orientamento, lo si legge anche nel modo in cui Puskin rivisita il personaggio di Pugačëv. Fino a quel momento il ribelle era disegnato dall’immaginario collettivo come un uomo violento e temibile, senza scrupoli e sanguinario.
Puskin, invece, cerca non solo di mostrare le ragioni della ribellione (senza sposarle, ma invitando il lettore in qualche modo a capirle), ma ci presenta Pugačëv, un uomo forte e violento, ma anche leale e quasi affascinante.
Al termine del romanzo, quando Pugačëv viene giustiziato, Grinëv sarà presente all’esecuzione per pregare per la sua anima e prima di morire Pugačëv gli lancerà uno sguardo d’intesa.
Il lettore si troverà al cospetto del ribelle sconfitto e, in qualche modo, proverà compassione per lui e pregherà assieme a Grinëv affinché nella bilancia della vita abbiano peso anche i suoi gesti nobili e leali.


Il testamento letterario di Puskin – Timore di Dio
Al riguardo è interessante come l’intero romanzo sia permeato dal timor di Dio. I personaggi principali si affidano alla volontà del Signore e affrontano con coraggio il destino, qualunque sia il disegno che sia stato preparato per loro.
Non solo, non vi è mai desiderio di vendetta nei confronti di chi reca del male. Al contrario, si prega per la sua anima.
Un sentimento religioso forte e potente, figlio di una società ancora lontana dall’irruenza dell’Illuminismo francese.
E in quel cambiamento dei costumi auspicato da Puskin, probabilmente non vi era, si potrebbe supporre quindi, la creazione di una società incentrata sull’uomo annientando Dio, come invece è accaduto.


Il capitolo omesso
Per scrivere questo romanzo Puskin ha impiegato quattro anni. Un notevole tempo, se si considera che complessivamente si tratta di un libro piuttosto breve (circa 130 pagine), ma comprensibile dal momento che è figlio di una notevole ricostruzione storica.
Nella bella edizione che ho letto (ricca di approfondimenti sui termini russi e di note), è inserito anche il capitolo omesso, ovvero scritto da Puskin nell’originale manoscritto e poi eliminato nella stesura definitiva.
La lettura è stata interessante (si svolge verso la fine della rivolta degli uomini di Pugačëv e vede Grinëv raggiungere la casa del padre per salvare la sua famiglia e l’amata figlia del capitano dai rivoltosi), ma nel leggerla si comprende che manca della maniacale revisione che evidentemente Puskin ha effettuato. Inoltre, mi ha dato l’impressione, da scrittrice, che nel leggerla l’autore abbia deciso di eliminarla perché non rientrava nella visione d’insieme che si era costruito per rendere la storia esattamente come doveva essere.
Quindi interessante. Ma visto come qualcosa che Puskin ha deciso di togliere. Perché? Cosa non gli tornava? Cosa non gli piaceva? Un’idea personale io me la sono fatta, ma non posso giudicare io la sua magnifica penna…

Complessivamente si tratta di un libro avvincente e romantico (quello che io vi avevo visto con gli occhi da adolescente), storicamente interessante e socialmente graffiante (quello che ho aggiunto con la lettura di oggi). Bellissimo.

Letto: 22-26 agosto 2025

Voto: 9,5 al romanzo; 10 all’edizione che mi ha regalato mio fratello, 10 alla traduzione di Bruno Osimo, ricca di dettagli e di annotazioni.

Stelle mozzafiato: *****

Recensione in arrivo: 
Incantesimo del cuore di Johanna Lindsey
Il birichino di papà – Piccola nonna di Henny Koch
Un “fiore” difficile di Rosa Lia Carini Alimandi
Il nemico sconosciuto di Mary Roberts Rinehart
Il violino rubato di Enid Blyton
Magic Ballerina 15 – Il diadema incantato di Darcey Bussell
La grotta del mistero di Enid Blyton
Lei di Henry Rider Haggard
Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando
L’ombra sul balcone di Enid Blyton
Eclipse di Stephenie Meyer
Le campane di Charles Dickens

In lettura:
Pupazzi di neve di Enid Blyton
Racconti di Natale di Diane Gaston, Laura Martin, Helen Dickson

Nessun commento:

Posta un commento