mercoledì 16 dicembre 2020

Colin Firth, inaspettatamente romano

Feci questa intervista nel lontano gennaio 2005 per il free press 'Urbe', di cui ero direttrice responsabile. La ripubblico qui ora il 16 dicembre 2020, in occasione del 245mo anniversario della nascita di Jane Austen.
Ringrazio oggi, come allora, chi mi permise di entrare in contatto con Colin Firth, per un'intervista che ancora oggi ricordo con tanto affetto. Colin Firth fu di una gentilezza incredibile e di una rara sensibilità.
Alcune cose da allora sono cambiate (come il rapporto con la moglie Livia), ma ripropongo l'intervista esattamente come la scrissi allora. L'articolo, essendo inserito in un magazine romano si focalizzava, come tutte le sue interviste, sul rapporto tra l'intervistato e la città di Roma.
Enjoy!

Spesso lo si ricorda per gli astrusi maglioni indossati ne Il diario di Bridget Jones. Si tratta di Colin Firth, nato a Grayshott, Hampshire, il 10 settembre 1960. Schivo e poco avvezzo alla vita mondana, Colin è sposato da sette anni con la romanissima Livia. Gentile e sorridente, parla con un ottimo italiano, mentre dalla stanza accanto si sentono giocare i suoi due bambini. 

La critica ha definito Che pasticcio, Bridget Jones addirittura migliore del primo. Come è stato riprendere in mano Mark Darcy?
“Stranamente difficile. Mi ero completamente dimenticato di questo personaggio. Sono arrivato sul set e per strada vi era tanta gente, tanti fan di Bridget e Mark, che magari avevano visto il film tre-quattro volte. Per me era diverso. Io l’ho visto una sola volta ed avevo paura di deluderli. Sono cambiato molto in questi tre anni, ho avuto due bambini (Luca e Matteo, ndr), sono cresciuto, mentre per Mark Darcy la vita è andata avanti solo di 4 settimane. Però alla fine ho dimenticato la pressione ed è andato tutto bene”.

Il personaggio di Mark è molto chiuso. Comunica più con lo sguardo che con le parole. É questa una caratteristica propria di forse tutti i tuoi personaggi. Sono i registi a chiederti questo modo di recitare o è un tuo stile personale?
“Non credo che un regista possa cambiare il modo di recitare perché il vero lavoro di un attore viene da dentro. Il regista può chiedere, ma non creare. Gli attori che ho notato da piccolo sono stati Spencer Tracy e Robert Duval. Sono rimasto colpito dalla loro onestà negli occhi, ed ho capito che è più facile fare grandi gesti che comunicare la verità con lo sguardo. La recitazione è una bugia, e noi dobbiamo trasformare la bugia in verità: questa è la sfida. Se riesci a convincere con gli occhi, riesci a produrre un’onestà da dentro. La cinepresa riprende la faccia, gli occhi e non perdona niente”. 

Nel 1995 hai girato Nostromo, una co-produzione Rai-BBC. Durante le riprese in Colombia hai conosciuto Livia. Che rapporto hai con l’Italia e Roma?
“Mi era sempre piaciuta l’Italia, come a tutti gli inglesi. C’ero venuto alcune volte per Festival, pubblicità o le prove costume di Valmont di Milos Forman, ma prima di incontrare Livia non la conoscevo bene, non parlavo neanche una parola di italiano. Per quanto riguarda Roma, quello che posso dire è che è la città più bella del mondo. Veramente. Le città che amo di più sono Roma, New York, Amsterdam e Londra. Roma, per la bellezza dell’ambiente, per la sua atmosfera. New York per la sua cultura. Amsterdam, non so, c’è qualcosa nella gente. Londra, essendo londinese, è la città in cui vivere”. 

Durante la lavorazione di Febbre a 90°, ti hanno portato a vedere la Roma all’Olimpico. Che è esperienza è stata?
Bellissima. La partita era Roma - Slavia Praga, una vittoria amara perché non si passò il turno per un gol all’ultimo minuto. Ma lo stadio era bellissimo. Io conoscevo Highbury (lo stadio dell’Arsenal, ndr), piccolissimo. Il campo si trova in mezzo alle case della città e chi sta in prima fila può toccare i giocatori. L’Olimpico è spettacolare per la grandezza, impressionante, magnificente.



Hai qualche aneddoto legato all’Italia?
"Beh… vediamo. Posso raccontarvi uno dei tanti disastri tipici legati alla lingua. Ero venuto a Roma per corteggiare Livia e vivevo a casa con un siciliano, anche lui conosciuto in Colombia durante le riprese di Nostromo. Un giorno qualcuno mi disse di dire a questo mio amico che quel giorno non avrebbe potuto guidare se non aveva la marmitta catalitica, io invece ho capito che non poteva guidare se non era cattolico. Strano, mi sono detto, che ci fosse un divieto del genere! Mi sembrava che solo io non potevo guidare!”.


Il mio articolo in cartaceo

Frasi celebri:
“So che Elizabeth Bennet è considerata una grande bellezza locale, voi cosa ne pensate signor Darcy?”.
“Se lei è bella, la madre è intelligente”.
(Orgoglio e Pregiudizio, 1995) 

“Il calcio ha significato troppo per me, e continua a significare troppe cose. Dopo un po’ ti si mescola tutto in testa e non riesci più a capire se la vita è uno schifo perché l'Arsenal fa schifo o viceversa”.
(Febbre a 90°, 1997) 

“Non penso affatto che tu sia un’idiota. Oddio è vero che c’è qualche cosa di ridicolo in te nei tuoi modi e tua madre è piuttosto imbarazzante. E devo ammettere che sei veramente pessima quando ti capita di parlare in pubblico e tutto quello che ti passa per la testa lo fai uscire dalla bocca senza tener tanto conto delle conseguenze. Certo, mi rendo conto che quando ti ho conosciuto al buffet di tacchino al curry di Capodanno sono stato imperdonabilmente scortese e avevo addosso quel maglione con la renna sopra che mi aveva regalato mia madre il giorno prima, ma il punto è… quello che cerco di dirti, in modo molto confuso è… è che… in effetti, probabilmente malgrado le apparenze, tu mi piaci. Da morire”.
(Il diario di Bridget Jones, 2001) 

“È splendido, è bello rivedervi tutti e… e con questo vi saluto. Scusate, ma un uomo deve fare quello che deve fare”.
(Love actually, 2003) 

Da Darcy a Darcy!
Colin Firth ha debuttato al cinema nel 1984 con il film Another country a fianco di Rupert Everett. In Gran Bretagna la consacrazione avviene nel 1995, con il ruolo di Fitzwilliam Darcy nello sceneggiato BBC tratto dal romanzo di Jane Austen Orgoglio e Pregiudizio. La fama mondiale arriva, tuttavia, grazie ad un altro Darcy, il Mark di Bridget Jones appunto, che con la sua compostezza ruba la scena a Hugh Grant.

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